I rischi ecologici legati al rilascio nell’ambiente di piante geneticamente modificate sono tuttora al centro di controversie internazionali, si è discusso dalla possibilità di diffusione del polline proveniente dalle piante transgeniche, attraverso il vento o gli insetti impollinatori, (come del resto poi in seguito è accaduto, con la Monsanto che portò  in giudizio dei coltivatori accusandoli di aver sottratto illegalmente delle sementi OGM di loro proprietà mentre le piante incriminate erano state impollinate naturalmente per via aerea da campi affini coltivati con tali sementi, perché ricordiamoci, GLI OGM SONO BREVETTATI, QUINDI DI PROPRIETA’ DELLA MULTINAZIONALE DEL CASO) la propagazione dei transgeni attraverso il polline è inevitabile e ingovernabile e sono stati ormai descritti molti casi d’ibridizzazione tra specie transgeniche coltivate e specie correlate che crescono spontanee nei campi vicini.

È evidente che la rapida propagazione di geni per la tolleranza agli erbicidi potrebbe portare in tempi brevi alla nascita di piante spontanee altamente invasive e non più controllabili con gli erbicidi conosciuti, o alla proliferazione di piante “superinfestanti”.
Il rischio d’impollinazione incrociata e di diffusione incontrollata dei transgeni diventa molto alto nelle colture agrarie, dove possono venire coltivate varietà GM e non-GM a distanze non di sicurezza, come spiegavo poco sopra, questo è già un dato di fatto dopo la denuncia agli agricoltori da parte della Monsanto.
Poi ci sono le varietà transgeniche Bt, che producono tossine attive contro insetti dannosi.
Molte associazioni americane di produttori di pesticidi e di semi Bt ammettono e sottolineano che i rischi ambientali non sono ancora provati sperimentalmente, e che mancano dati scientifici sul trasferimento di transgeni Bt a piante vicine, o sui danni delle tossine Bt a insetti utili o ad altri organismi.

Al contrario, nel caso del mais, una recente ricerca pubblicata sull’autorevole rivista scientifica Nature ha dimostrato che il polline proveniente da mais Bt depositato sulle
foglie di una diversa specie di pianta provocava la morte del 40% circa delle
farfalle monarca, che porelle non sono dannose, sono difatti insetti non-target, semplicemente sono uno dei tanti organismi che vivono nei prati, vicini o lontani dai campi coltivati, hanno solo la sfortuna di apprezzare, culinariamente parlando, le foglie di mais.

Altre ricerche hanno dimostrato un impatto negativo su insetti sempre non-target, che avevano ingerito a loro volta insetti alimentati con piante transgeniche produttrici di tossine, insomma, una reale e concreta catena di eventi dannosi per tutti gli organismi viventi in un dato ecosistema.
Nell’ agricoltura moderna alcune colture, tra cui il mais, non sono riseminate utilizzando i semi prodotti dal raccolto precedente, ma sono regolarmente vendute ogni anno agli agricoltori dalle grandi industrie sementiere che selezionano sementi ibride per l’agricoltura intensiva.

Molte altre colture importanti, come riso, grano, soia, cotone, non sono invece coltivate da semi ibridi, e spesso i contadini, specialmente nei paesi più poveri, utilizzano la pratica antica di seminare i campi con i semi prodotti dal proprio raccolto.
Questa pratica non sarà più possibile se un brevetto americano del 1998 sarà utilizzato per costruire e imporre sul mercato agricolo piante geneticamente modificate che uccidono i loro stessi semi di seconda generazione.
Tale brevetto è stato denominato “Terminator Technology” dal RAFI (Rural Advancement
Foundation International), una organizzazione internazionale dedicata alla conservazione e allo sviluppo sostenibile della biodiversità in agricoltura, che ha analizzato le possibili implicazioni sociali, economiche e ambientali dell’invenzione.

È elementare arrivare a capire come l’introduzione dei geni della morte in colture fondamentali come il riso o il grano potrebbe consegnare nelle mani delle multinazionali delle sementi la sorte d’interi paesi e non ci vengano a dire che è “per combattere la fame nel mondo”, è solo questione di soldi, è un ottima strategia di marketing a lungo termine e su larga scala, perché spero che dopo le tante guerre per il petrolio camuffate come “guerre per portare la democrazia” non siamo più così ingenui.

Sarebbe opportuno che l’interesse di politici e studiosi di bioetica, così forte per la sorte degli embrioni oggetto di studio o frutto di fecondazioni in vitro si estendesse anche ai geni della morte, dalla cui commercializzazione può
dipendere la sorte di milioni di persone.
LEGGI ANCHE : LE PIANTE TRANSGENICHE – PARTE PRIMA –
Interessantissimo questo estratto che allego in formato PDF di una tesina depositata all’Università di Pisa in merito alle piante transgeniche: Piante transgeniche e geni della morte!