Gli OGM – Organismi Geneticamente Manipolati – sono organismi artificiali, di norma brevettati quindi proprietà di una azienda.
Sono ottenuti inserendo nel patrimonio genetico dell’organismo prescelto pezzi di DNA di organismi diversi che in natura non potrebbero in alcun modo scambiarsi il materiale ereditario.
Non sono considerati OGM tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei ovvero, i casi in cui le modificazioni e i trasferimenti di materiale genetico avvengano normalmente in natura, o indotti dall’uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa di riferimento (radiazioni ionizzanti o mutageni chimici).
Gli OGM vengono spesso indicati come organismi transgenici: in realtà, il termine transgenesi si riferisce all’inserimento, nel genoma di un dato organismo, di geni provenienti da un organismo di specie diversa.
Sono invece definiti OGM anche quegli organismi che risultano da modificazioni che non prevedono l’inserimento di alcun gene (es. sono OGM anche gli organismi dal cui genoma sono stati tolti dei geni), così come gli organismi in cui il materiale genetico inserito proviene da un organismo “donatore” della stessa specie.
In questo secondo caso alcuni studiosi parlano di organismi cisgenici.
Gli OGM sono oggi utilizzati principalmente nell’ambito dell’alimentazione, dell’agricoltura, della medicina, della ricerca, e dell’industria.
L’ingegneria genetica(OGM) riguarda spesso geni e dunque proteine che non fanno parte del consumo alimentare tradizionale:
i rischi non sono prevedibili se il gene immesso, ad esempio nel grano con cui facciamo pane, pasta ecc., proviene da organismi finora mai utilizzati nell’alimentazione.
Esempio storico di mutazioni genetiche indotte dall’uomo è rappresentato dalla varietà di frumento “Creso”, ottenuto dall’ENEA Ente Nuove Tecnologie Energia e Ambiente, una variante di frumento ottenuta artificialmente dal Cappelli (altra varietà di frumento) originale per irradiazione e oggi largamente diffusa in Italia.
Pare che il 90% del frumento sulle note tavole sia di questa specie.
Esso è stato negli anni ottanta una delle varietà di punta per la produzione di pasta ed è oggi uno dei genitori delle attuali varietà commerciali.
Un altro esempio è dato dalla differenza tra mais giallo e mais bianco che è riconducibile alla mutazione di un singolo gene.
Il primo OGM moderno fu ottenuto nel 1973 da Stanley Cohen (Stanford University School of Medicine) e Herbert Boyer (University of California, San Francisco).
I due ricercatori, riuscirono per primi a clonare un gene di rana all’interno del batterio Escherichia coli, dimostrando che era possibile trasferire materiale genetico da un organismo a un altro tramite l’utilizzo di vettori plasmidici in grado di autoreplicarsi, abbattendo di fatto le barriere specie-specifiche.
Solo due anni dopo, nascono così i primi prodotti a uso commerciale derivanti da un OGM, la Genentech, fondata da Herbert Boyer, riuscì a produrre attraverso E. coli importanti proteine umane: la somatostatina e l’insulina, il farmaco biotecnologico più noto, che è stato commercializzato a partire dal 1981.
Da allora gli OGM sono passati dallo stato di mera possibilità tecnologica a una realtà.
I punti maggiormente controversi in relazione all’uso degli OGM in ambito alimentare riguardano i rischi per l’ambiente o per la salute umana e animale, la possibilità di coesistenza tra colture OGM e non-OGM e l’impatto economico-sociale della loro introduzione in aree rurali, soprattutto in paesi in via di sviluppo.
Fin dai primi esperimenti era chiaro a tutti come accanto ai potenziali benefici che la nuova tecnica poteva offrire avrebbero potuto comparire altrettanti potenziali rischi difficilmente prevedibili.
Già quando l’uso della tecnica era confinato al laboratorio, si temeva che batteri normalmente innocui potessero trasformarsi in patogeni pericolosi per l’uomo a causa dell’introduzione in essi di geni della resistenza agli antibiotici, o che li rendessero in grado di produrre tossine, o che li trasformassero in agenti cancerogeni.
Con lo sviluppo di piante geneticamente modificate per uso alimentare, poi, si sono profilati alcuni rischi specifici ambientali e per la salute.
Rischi ambientali relativi a cambiamenti nell’interazione tra pianta modificata e ambiente biotico, tra cui persistenza e invasività, induzione di resistenza negli insetti infestanti cui le piante sono resistenti, interazioni con organismi non-target (ad esempio, effetti su api e altri insetti non infestanti, con conseguenze sulla biodiversità) e possibili rischi per la salute umana o animale, tra cui effetti tossicologici causati da proteine sintetizzate dai geni inseriti, o tossicità di costituenti diversi dalle proteine, allergenicità, cambiamenti nel valore nutritivo e trasferimento di resistenza agli antibiotici sono fra le problematiche sollevate dal EFSA(Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare).
Nel momento in cui scrivo (2011) sono oltre 114 milioni di ettari sono nel mondo le coltivazioni di piante geneticamente modificate.
Il 99% delle coltivazioni, è concentrata in pochi paesi: Stati Uniti, Canada, Sud America (Argentina, Brasile e Paraguay), India, Cina, e Sud Africa.
In alcune nazioni europee come Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Germania, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania è permesso coltivare piante transgeniche, mentre in altre (Austria e Grecia) è vietato.
Diversa è la situazione in Italia, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Finlandia, Ungheria e Slovenia, dove la legge proibisce la coltivazione di piante OGM ma non la loro importazione.