Con la riscoperta della biodiversità ci si riesce a imbattere in frutti poco conosciuti antichi e rari oggi assenti da supermercati e bancarelle causa omogeneizzazione dei mercati.
E’ il caso ad esempio de Il capulì è una varietà di pruno antica
oggi poco conosciuta e coltivata.
I suoi frutti sono simili a ciliegie, ma dal sapore più asprigno, allappante e meno dolci.
Si usa prevalentemente per fare marmellate o gelatine (che per il tasso di acidità non hanno bisogno di aggiunte di succo di limone o pectina) e per aromatizzare la grappa.
I frutti si possono conservare sotto spirito o sotto sciroppo e sono dei bellissimi regali di Natale.
Nonostante il gusto non concorrenziale con quello delle ciliegie, il capulì merita bene di essere coltivato un po’ più spesso per diversi motivi.
Innanzi tutto la sua rusticità e la possibilità di coltivazione in vaso.
Inoltre la scalarità della fruttificazione, che parte dall’estate per arrivare fino a ottobre.
I frutti non sono mai abbondantissimi, ma quasi sempre presenti sulla pianta a ondate.
Da non confondersi con il Prunus serotina, un albero tropicale di notevoli dimensioni, che si è dimostrato invadente nella zona del ticinese, il Prunus serotina subsp. capulì, o semplicemente Prunus capulì, è tutt’altro albero, pur appartenendo alla famiglia delle rosacee e al genere Prunus.
La riproduzione si effettua solo per seme.
Immagine in evidenza e nell’articolo da: livinginperu.com